Informazioni personali

La mia foto
Sono troppo caotica per definirmi in poche parole, ma come diceva Nietzsche "bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante"...

sabato 7 marzo 2009

Non solo Medicina...

"Sei la terra e la morte.

La tua stagione è il buio

e il silenzio. Non vive

cosa che più di te

sia remota dall’alba."

Cesare Pavese.


Cammino nella notte.

Solo il rumore dei miei passi e del mio respiro interrompe l’innaturale silenzio della città. Sento ancora l’odore del sangue fresco nelle mie narici, ma pian piano si mischia all’odore di umidità presente nell’aria. Finalmente il mio respiro si calma.

La città è ancora silenziosa, ma domattina avrà molto per cui fare rumore: ho appena ucciso un uomo. L’ennesimo di stanotte, di una vita. È il mio lavoro, anche se ingrato. Nonostante tutto ho ancora addosso il piacere che mi ha creato il terrore che ho scorto negli occhi di quell’uomo, mentre gli recidevo le connessioni cerebrali.

Quasi dimenticavo; devo rimettermi i guanti…

Si, uccido e provo piacere nel farlo, ma io sono costretto a eseguire questo compito. Gli uomini non capiscono che io devo esistere perché io sono la persona che si assume la responsabilità di rendere certa la condizione di morte, senza la quale, la vita non avrebbe senso. Io sono indispensabile perché io sono l’erede della morte.

Mi fermo. Il silenzio mi avvolge innaturale. Finalmente sono arrivato: questa è la casa. La studio un attimo, poi mi guardo intorno e mi libero della giacca: due ali di piume nere si sgranchiscono, imprimendo il proprio profilo contro la pallida luce lunare. Con un guizzo mi libro in volo. Mi accosto alla finestra della camera da letto e sbircio dentro: il morto inconsapevole sta dormendo con la moglie. Apro la finestra senza difficoltà, ha una vecchia serratura. Entro e giro intorno al letto: lo guardo indifferente, mi tolgo un guanto e lo tocco sulla fronte. Una pallida e inquietante luce azzurra scaturisce dalla mia mano: adesso ho trenta secondi per decidere come farlo morire. Nel frattempo lui inarca la schiena, spalanca gli occhi e mi scorge nella penombra. La luce della luna filtra dalla finestra e si rispecchia nei suoi occhi: è terrorizzato. Mi guarda implorante mentre un’arteria esplode dentro la sua testa; emorragia cerebrale, questione di secondi e il cervello non potrà più provvedere alle principali funzioni vitali. La vita gli scivola via, mentre il suo corpo si rilassa. Esco come sono entrato.

Prendo un foglio dalla tasca dei miei pantaloni e traccio un segno sul nome dell’uomo: è il penultimo. Sono quasi giunto alla mia meta. Ogni angelo della morte deve adempiere al suo compito con un certo numero di trapassi, nell’arco della sua vita, e deve essere in grado di lasciar un erede.

Gli uomini si immaginano ancora la morte come “la Signora con la Falce”; beh, non è più così. Io sono quello che resta di questa mitica figura. La Falce è andata perduta. Quest’arma è stata motivo di competizione per molto tempo nella nostra dimensione. Le famiglie degli dei della morte si sono scontrati a lungo per poterla avere. La Falce, infatti, è un’arma particolare: può scegliere di essere usata solo da chi reputa più degno, donandogli l’immortalità. Nonostante questo la Falce è un’ amante difficile e se non riesci più a soddisfarla può toglierti tutto ciò che ti aveva donato. Adesso quest’arma è dispersa e non si è più mostrata a nessuno. Gli dei della morte si sono decimati, fra le continue guerre interne, finché non è rimasta solo la mia famiglia, di cui io sono l’ultimo membro. Ma nonostante il sangue divino che ho ereditato, sono molto più debole rispetto ai miei antenati: secoli di forzati accoppiamenti con gli umani ci hanno indebolito lentamente, portando alla produzione di maggior sprazzi di coscienza umana e alla diminuzione dei normali poteri di un dio.

Io, infatti, non sono più capace di uccidere “a distanza”, cioè senza essere strettamente collegato al luogo dove deve avvenire la morte, come facevano i miei antenati. Ma devo cercare e toccare le vittime, che solo così risentono dei miei poteri. Questa situazione mi crea molti inconvenienti, come toccare e uccidere la persona sbagliata, come accadde con lei…

Da quel momento, porto i guanti, che svigoriscono i miei poteri.

Uccidere una persona che non deve morire comporta l’indebolimento dei poteri divini, ma è una condizione necessaria, che deve avvenire almeno una volta, comportando la scoperta dei propri poteri. A me accadde a quindici anni.

Da quando lei morì per mano mia, per una carezza, non ho mai smesso di uccidere e adesso io sono giunto alla fine della mia vita come dio, della mia vita in generale, ma non ho voluto preoccuparmi del mio erede. Sono consapevole che la mia scelta squilibrerà le leggi naturali, ma sono troppo umano per permettere a un altro individuo di passare quello che ho dovuto affrontare io, anche se mi sono abituato a questa vita, che nonostante tutto mi ha fatto provare piacere e gioia. Adesso voglio solo morire.

Dopo tante uccisioni, voglio morire… per poter rincontrare lei…

Si sta facendo giorno. È ora di tornare a casa. Decido di volare, tanto è ancora presto e non c’è rischio che qualcuno mi veda. E poi queste ali sono una delle poche cose positive che mi ha concesso la mia natura divina. Solo la mia famiglia le possiede. Crescono solo quando si è coscienti della propria natura, fra dolori atroci. Mi piacciono molto, anche se mi ricordano che cosa ho fatto a Lei. Ovviamente, sono costretto a nasconderle, di solito...

Arrivo a casa in un lampo, volando. Apro la porta e la richiudo dietro di me. Adesso solo odore di casa nelle narici. Tranquillità. Ma… alzo gli occhi ed è lì: la Falce.

Mi aspettava. Ha fatto la sua scelta. Io sono il prescelto. Dopo secoli... il primo prescelto, dopo secoli...

I miei occhi si inumidiscono e la vista si annebbia. Dovrò vivere un’esistenza eterna. Non potrò morire. Non potrò realizzare il sogno di rincontrarla. Mai…

Le lacrime cominciano a rigarmi il viso.

Cado. In ginocchio, a testa china, sono un uomo distrutto...

- Perché??? Perché io??!!?? Noooooo!!! - Urlo contro la Falce, ma lei non è altro che un oggetto, un oggetto magico, certo, ma non può capire i tormenti di un animo.

In un impeto di disperazione, afferro la falce e con un solo gesto, come per mietere del grano, mi prendo le vite di tutti gli esseri umani, la cui natura mi ha reso debole e disperato.


"Stella sperduta

nella luce dell’alba,

cigolio della brezza,

tepore, respiro –

è finita la notte.


Sei la luce e il mattino."

Cesare Pavese

- In the morning you always come back -

4 commenti:

  1. Da bravo nerd, non posso esimermi dal fare almeno un commento alla nuova criiiiatura... :D

    RispondiElimina
  2. Ehilà! Ho letto anche questo, bene. Vorrei ringraziarti per avermi fatto leggere le tue "creature", per me è stata una dimostrazione di apertura. So che si scrive anche per gli altri ci mancherebbe, ma mi ha fatto piacere comunque. Mi piace il modo in cui ci siamo conosciute tra l'altro; )

    RispondiElimina
  3. Ciao! Beh, io non è che ho scritto proprio per "gli altri": i miei scritti sono un po' come un diario criptato :D
    Sono contenta che ti siano piaciuti. Ma mi ha fatto molto piacere anche che tu mi abbia chiesto di farteli leggere...
    Il modo in cui ci siamo conosciute non è convenzionale, ma è stato sicuramente ganzo e piacevole :D

    RispondiElimina